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Fuocoammare: una riflessione sul tema dell’accoglienza

Nel mese di Aprile alcune classi del Liceo Spallanzani hanno assistito alla proiezione di "Fuocoammare", diretto da Gianfranco Rosi. Il film, girato a Lampedusa, ci descrive la semplicità di una comunità di mare riassunta dalla vita di Samuele, un vivace bambino che vive sull'isola. Samuele va a scuola e gioca con gli amici, come tutti i bambini. Gli piace andare a caccia e tirare con la fionda e, paradossalmente, odia vivere sull'isola, perchè soffre di mal di mare. Accanto a lui compaiono numerosi altri personaggi che il regista riprendende nella loro vita quotidiana. Essi sono tutti testimoni di una delle più grandi tragedie degli ultimi anni: la fuga disperata di migliaia di persone che sfidano il mare e che spesso, nel tentativo di salvarsi, trovano la morte.

Spesso le storie degli immigrati sembrano troppo lontane se ascoltate in televisione o lette sul giornale ed è facile giudicare quando non si è direttamente coinvolti. Quando si tratta di Lampedusa, le parole più ricorrenti sono invasione, emergenza, pericolo, morte.

Gianfranco Rosi ha sentito la necessità di far conoscere la particolare e delicata realtà di Lampedusa attraverso un'immersione approfondita nella vita dell'isola.

Il film, per le cui riprese il regista si è trasferito sul posto per un lungo periodo di tempo, nasce dall' incontro tra Rosi e Pietro Bartolo, direttore sanitario dell'Asl locale. L'esperienza raccontatagli da quest' uomo sui suoi trent' anni di servizio, le immagini inedite che gli ha mostrato sulla tragedia dei migranti, le sue parole, lo hanno colpito profondamente.

La sua umanità, il suo fervore, il suo sincero e profondo senso del dovere e dell'accoglienza, lo hanno motivato a far conoscere cosa davvero significa vivere a Lampedusa e a raccontarlo con gli occhi di chi è protagonista della profonda mutazione prodotta dagli sbarchi dei migranti; ad iniziare da dove i telegiornali e le notizie si fermano. Lo spettatore è immediatamente trasportato sull'isola ed assiste a scene brevi e significative, spesso prive di dialoghi. La scelta del silenzio è simbolica: il silenzio, attraverso immagini forti, gli permette di riflettere, lo avvicina a ciò che vede ed è molto più efficace ed eloquente delle parole.

Il regista ha filmato anche la vita degli immigrati nel centro di accoglienza: le regole, i costumi, le pratiche religiose e, in particolare, ha voluto inserire un toccante gospel cantato da uno di loro poco dopo essere sbarcato: una trovata originale, commovente, che impressiona per la potenza comunicativa. In esso emergono la sofferenza, il tormento e la paura; ciò che li ha portati a mettere in gioco la loro vita, ciò che li ha spinti a dire "Non ho paura del mare, non posso morire in mare".

E noi? Noi, ammettiamolo, non riusciamo a superare fino in fondo i pregiudizi e ci fidiamo di ciò che sentiamo: lo stesso Rosi dichiara che non si può cogliere realmente il senso di tragedia ed emergenza se non lo si tocca con mano, se non lo si vede con i propri occhi . E' per questo che ha portato sullo scherno la testimonianza degli abitanti dell'isola: non esistono più emergenze, perchè ogni giorno c'è un'emergenza. E, per ognuna di queste, essi si prodigano e rendono disponibili, prestando aiuto e soccorso e fornendo un valido esempio di solidarietà e fratellanza.

I veri protagonisti di "Fuocoammare" sono dunque i Lampedusani, a cui Rosi ha dedicato l'Orso d'oro e in cui è sempre vivo e profondo il senso di dover accogliere chiunque "venga dal mare" e per cui una tragedia, una perdita, sono dolore e non consuetudine.

Lucia Marini, classe II G.

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