Marte, l'acqua antica, l'idrogeno delle profondità e la vita
Il metano trovato da Curiosity sul Pianeta Rosso potrebbe essere davvero un indizio di vita, passata o presente, all'interno di Marte. E questo grazie alla recente scoperta che una parte significativa del metano presente sulla Terra è prodotto da microrganismi che vivono a grandi profondità nella crosta terrestre e che usano come fonte di energia l'idrogeno molecolare prodotto dall'interazione fra radioattività naturale e acqua (di Caleb A. Scharf)
L'eccitazione per il recente annuncio che il rover Curiosity ha rilevato un “picco” di metano atmosferico localizzato - e durato per un paio di mesi - è perfettamente giustificata. E' infatti possibile che si tratti di un autentico indizio di vita passata o presente su Marte. O meglio, di vita all'interno di Marte.La grande maggioranza di metano che troviamo sulla Terra (sia in aria sia in giacimenti sotterranei) è di origine biologica, chiaramente indicata dalla preferenza dei sistemi biologici per gli isotopi leggeri, per esempio per il carbonio-12 rispetto al carbonio-13. Questo metano è prodotto per metanogenesi, un processo metabolico che sembra essere limitato ai membri del dominio di organismi unicellulari chiamato Archaea.
C'è più di una via chimica per la produzione del metano, ma il più ovvio è la combinazione di anidride carbonica con idrogeno molecolare, ed è proprio questa la reazione sfruttata da un gran numero di Archea metanogeni. L'idrogeno molecolare è una potente fonte di energia chimica, e anche altri organismi, come i batteri solforiduttori, lo utilizzano. Ma dove trovano l'idrogeno?Una fonte è la compresenza di roccia e acqua. La radioattività che proviene dalle rocce che contengono uranio può scindere le molecole di acqua (processo di radiolisi), e il successivo processo geochimico di serpentinizzazione [processo geologico che in presenza di calore e acqua altera e trasforma alcuni tipi di rocce, NdR] crea in abbondanza anche idrogeno molecolare. I sistemi idrotermali attivi sui fondali oceanici, le cosiddette fumarole nere, sono un ambiente in cui l'idrogeno viene costantemente prodotto, e dove gli organismi metanogeni prosperano.
Un "selfie" di Curiosity ottenuto montando diverse foto fatte dal rover a se stesso. (NASA/JPL-Caltech/MSSS)
Una fonte è la compresenza di roccia e acqua. La radioattività che proviene dalle rocce che contengono uranio può scindere le molecole di acqua (processo di radiolisi), e il successivo processo geochimico di serpentinizzazione [processo geologico che in presenza di calore e acqua altera e trasforma alcuni tipi di rocce, NdR] crea in abbondanza anche idrogeno molecolare. I sistemi idrotermali attivi sui fondali oceanici, le cosiddette fumarole nere, sono un ambiente in cui l'idrogeno viene costantemente prodotto, e dove gli organismi metanogeni prosperano. E per quanto riguarda le profondità dei continenti, le parti più antiche della litosfera?Le recenti scoperte in miniere sudafricane e canadesi di sacche isolate di acqua fortemente salina a straordinarie profondità – fra 1 e 2 chilometri - hanno rivelato che questi bacini hanno un'età che va dalle decine di milioni ai miliardi di anni; il record attuale è di un bacino formatosi tra 1,5 e 2,6 miliardi di anni fa. __img3__Luoghi come questi sono, in termini relativi, ricchi di energia chimica che la vita può sfruttare, e lo fa. Ma estrapolare da un produzione locale di idrogeno molecolare in quei bacini una produzione planetaria non era certo qualcosa per cui esaltarsi.Un nuovo studio condotto da Lollar, Onstott, Lacrampe-Couloumé, e Ballentine e pubblicato su “Nature”, suggerisce che le zone continentali profonde (cinque chilometri) potrebbero effettivamente essere un'importante fonte di idrogeno. In particolare, la parte più antica del sottosuolo continentale risalente al Precambriano (roccia di età superiore ai 540 milioni di anni circa), potrebbe generare l'idrogeno molecolare a una velocità dalle 40 alle 250 volte maggiore di quanto si pensasse: si tratta di una produzione pari a quella associata alla litosfera marina, che è molto più giovane. Questo materiale precambriano è presente nel 70 per cento circa della superficie continentale della Terra, e potrebbe contenere più acqua di tutti i fiumi, paludi e laghi presenti in superficie.La conclusione è che la produzione mondiale di idrogeno molecolare va rivista al rialzo e – punto critico - almeno la metà di essa proviene dall'antico e profondo sottosuolo continentale, che non appare arido e inerte ma decisamente vitale.Il collegamento fra queste scoperte e il metano su Marte è forse, oggi, una forzatura. Ma non è irragionevole supporre che l'antico sottosuolo marziano possa somigliare all'ambiente terrestre sotterraneo di origine precambriana, dove acque indisturbate si estendono in profonde fratture, e c'è un'autentica produzione di idrogeno molecolare. Se vita c'è stata o c'è, deve sicuramente aver sfruttato una fonte di energia di questo tipo, e i suoi prodotti potrebbero aver trovato la strada fino alla superficie.Se il tempo, le riserve di energia e la fortuna consentiranno a Curiosity di trovare e analizzare un altro picco di metano e i suoi rapporti isotopici, potremmo fare una valutazione critica della sua eventuale origine biochimica, disponendo di una pronta spiegazione grazie alle profondità del nostro pianeta. Su una scala molto più grande, è importante anche l'idea di una “abitabilità” puramente geofisica di esopianeti lontani, di biosfere controllate unicamente dal funzionamento interno di un mondo senza vita di superficie. Può essere un atto di estrema presunzione pensare che la biosfera visibile all'esterno della Terra sia un modello per la maggior parte della vita nell'universo.Riuscire a immaginare quali possano essere le “firme” identificabili di una vita cavernicola che proviene dal profondo potrebbe indurci a prendere in considerazione mondi che altrimenti saremmo portati a ignorare. E lo stesso si dica per una migliore comprensione della generazione dell'idrogeno molecolare nella crosta planetaria, dove gli ingredienti originali di un mondo - dalla miscela di elementi alla disponibilità di nuclei radioattivi - sono ancor più legati ai ritmi cosmici della vita e della morte delle stelle.Le tracce di metano su Marte e l'idrogeno delle profondità della Terra possono sembrare indizi tenui e indiretti, ma le loro implicazioni potrebbero essere enormi.
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Caleb Scharf è il direttore del Centro multidisciplinare di astrobiologia della Columbia University. Ha lavorato nel campo della cosmologia osservativa, dell'astronomia in raggi X e, più recentemente, dei pianeti extrasolari. E' autore di diversi libri di divulgazione, fra cui I motori della gravità. L'altra faccia dei buchi neri (Codice, Torino 2013).(La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 18 dicembre 2014 su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati. )